giovedì 12 agosto 2010

Mirella Tenderini: il viaggio come vocazione di vita


Abbiamo intervistato Mirella Tenderini, grande storica dell'alpinismo e biografa di grandi personalità dell'alpinismo e dell'esplorazione e di personalità importanti anche se non conosciute. Le abbiamo chiesto qualcosa a proposito della sua concezione del viaggio e della montagna, dove vive stabilmente da anni.

Gli uomini che lei descrive (Shackleton, Stanley, il Duca degli Abruzzi) sono grandi personalità, precursori dell’alpinismo e famosi esploratori. Cosa vede nei suoi protagonisti e cosa cerca di catturare nei suoi libri?

Non scrivo solo di grandi personaggi: mi sono occupata anche di personalità molto meno note, come ad esempio il mio ultimo libro, dedicato ad una giovane viaggiatrice morta all’inizio del ‘900. Non è tanto il personaggio che cerco, ma un qualcosa che mi colpisce nella sua vicenda. Sono tutte persone animate da fortissimo altruismo e generosità. Qualcuno mi ha fatto notare che i miei personaggi hanno tutti in comune una fortissima passione, uno slancio che li spinge a lasciare tutto e partire. È una ricerca di un qualcosa di più grande di quello che si può trovare nella vita comoda di tutti i giorni.

Quando viaggia in prima persona, cerca di rivivere le esperienze dei suoi protagonisti? Cosa significa per lei viaggiare?

Qualche volta ho viaggiato sulle tracce dei miei personaggi, intervistando chi li aveva conosciuti, ma io viaggio per mio piacere. Ho viaggiato molto con mio marito, oggi viaggio da sola o con pochissimi amici, che però devono essere molto cari e pochi per volta. Per me viaggiare è un’esperienza estremamente importante e privata.

In un mondo completamente noto (o almeno così si crede) che senso ha viaggiare?

Me lo domando spesso anch’io e lo domando spesso a chi è abituato a viaggiare. Il viaggio è sicuramente un’apertura verso l’esterno e non fa male a nessuno. Certo, non riesco a capire il viaggio distratto, quel tipo di viaggio che genera l’accumulo di posti visti (“sono stato qui, qui e qui…”) ma che non lascia nulla di realmente importante in memoria.

Oggi sarebbe possibile narrare una vicenda come quella delle personalità di cui lei narra o fanno parte di un mondo irrimediabilmente finito?

Si tende sempre a vedere al passato come a un periodo mitico in cui si facevano una serie di cose che ora sarebbero irripetibili. Sicuramente nei modi, il tipo di viaggio che narro è finito per sempre: le montagne più alte sono state raggiunte, i poli sono stati raggiunti. Tuttavia rimangono ancora tantissime vie alpinistiche da aprire, tanti posti da visitare lontano dalle folle, tante cose da fare. È tipico di ogni generazione credere “che al nostro tempo solo noi abbiamo fatto, solo noi abbiamo visto”. Chi cerca davvero e chi ha una grande passione che lo anima, può senza dubbio trovare grandissime cose da fare.

Nella sua produzione letteraria la montagna occupa un posto molto importante: qual è il suo rapporto con questo ambiente?

Il mio rapporto con la montagna è un rapporto di vita. Sono nata e cresciuta in città e in città mi muovo molto bene, ma da più di cinquant’anni vivo in montagna. Ho lasciato la città quando ho conosciuto mio marito, cittadino come me, ma guida alpina, l’ho lasciata, vivendo con lui per una dozzina d’anni tra vari rifugi. Poi, quando abbiamo deciso di fare una vita normale ci siamo fermati e io sono tornata in città, ma solo per lavorare. Oggi vivo a 1100 modesti metri d’altitudine, dove riesco a vedere il lago dalle prealpi lombarde. È un ambiente dove vivere bene, dove tutto è un po’ più scomodo, un po’ più difficile, ma un po’ più vicino all’essere umano.

Al festival coordinerà la tavola rotonda in memoria di Claudio Barbier: ha qualche ricordo particolare di lui?

Di lui ora non vorrei dire molto, perché vorrei parlarne con più calma e meglio in Vallarsa. Io direttamente non ho mai potuto conoscere Claudio Barbier. Quando ancora non mi ero trasferita in montagna, avevo provato a contattarlo, quando lavoravo a Bruxelles nella prima Comunità Europea, nel 1960 o 1961. Mi mancavano le arrampicate e mi avevano detto che in Belgio si arrampicava sulle Ardenne, in falesia, come da noi non si è fatto per altri trent’anni. Il nome che conoscevo era Claudio Barbier, ma al momento non era in Belgio e quindi ho potuto contattare il suo compagno di cordata. Questo è stato il primo nostro “non-incontro”, e poi non ho più avuto occasione per poterlo incontrare. Barbier era molto legato alle Alpi, in special modo alle Alpi Orientali, ma per ora non vorrei parlarne: è un argomento che mi emoziona molto e vorrei prepararmi a dovere, in particolar modo dopo aver conosciuto la sua compagna Anna Lauwaert. Vorrei che questo personaggio risaltasse soprattutto dalle memorie di chi ha vissuto con lui, piuttosto che dalla mia mancata conoscenza.

Che prospettive vede per un ambiente fragile come quello di montagna, teatro di vicende eroiche e ambiente vitale per numerose identità etniche in passato e ora fragile e esposto al rischio di scomparire o di diventare riserva indiana?

Le prospettive della montagna vanno di pari passo con quelle del resto del mondo. Tutto l’ambiente naturale è minacciato dall’uomo e dalla sua avanzata. Certo, la montagna secondo me ha più difese, è un ambiente che ha vita lunga, mentre noi abbiamo vita molto breve e se dovessimo andarcene, non ci metterebbe nulla a tornare come era prima che iniziassimo a colonizzarlo. Il problema ora come ora è riuscire a conservarlo per noi, per poterne ancora godere come si faceva un tempo, senza intaccarne le risorse fino all’esaurimento. Non si riuscirà mai a distruggere un ambiente naturale, lo si può solo rendere invivibile. Certo, una volta le montagne erano veramente il terreno di gioco dei pochi che potevano affrontarle, mentre adesso si deve convivere con una folla di alpinisti, più o meno professionisti. La sensibilità, comunque, è aumentata e sono convinta che dopo secoli l’uomo stia finalmente iniziando a capire come convivere con l’ambiente circostante.

Mirella Tenderini sarà presente al festival il giorno sabato 21 agosto 2010 e coordinerà la discussione in memoria di Claudio Barbier, con inizio alle ore 15.30 al Teatro Comunale di Sant'Anna.

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